1 dicembre 2014

La morte di un iniziato




Mark Hedsel morì nel 1997, prima che il nostro lavoro fosse completato.

I libri occulti spesso ammantano di un alone di mistero la morte di iniziati e maestri: ne sono testimonianza le leggende fiorite intorno al conte di Saint-Germain, che, si dice, sarebbe vissuto per 130 anni cambiando pochissimo nell’aspetto.

La morte di un iniziato non è poi così diversa da quella di una persona comune. Il vero iniziato, che non ha bisogno di trascorrere anni di purificazione sul piano spirituale, può tornare piuttosto in fretta nel mondo materiale, dentro un nuovo corpo. È in questo forse che consiste la presunta longevità degli iniziati, per non parlare dei patriarchi biblici come Noè. Mentre è poco probabile che il conte di Saint-Germain si sia visto in giro per l’Europa per un periodo ininterrotto di oltre un secolo, è invece più credibile che durante questo lasso di tempo egli si sia reincarnato almeno due volte e gli sia stato concesso di ricordare per intero le sue vite passate.

Alcuni processi alchemici possono arrestare in parte la degenerazione del corpo fisico: gli alchimisti medievali vivevano in media più del doppio dei loro contemporanei. Ma una domanda si impone: perché mai un iniziato dovrebbe voler arrestare la decadenza fisica o voler vivere molto più a lungo del normale, a meno che, naturalmente, non abbia un compito particolare da svolgere? Studiando le scienze arcane ci si accorge abbastanza presto che il mondo inferiore è un riflesso di quello superiore e che la struttura umana ha ricevuto in dono ritmi, cicli e periodi climaterici che trovano un parallelo nel cosmo, e persino nel moto dei pianeti e delle stelle. Un iniziato che decida di prolungare la sua vita fisica potrebbe essere pronto a forzare questi ritmi cosmici.

Ma non sempre la longevità è una benedizione. Considerata la rapidità con cui il fisico degenera da un certo periodo in poi, crediamo non siano molti a desiderare di avere una vita molto più lunga del normale.

Se faccio queste considerazioni è soltanto perché voglio sia chiaro che Mark Hedsel è morto davvero, o meglio, se ne è andato dal piano fisico dell’esperienza che ci è familiare. Sono stato con lui fino all’ultimo, ho dato disposizioni per la sua cremazione e ne ho disperso io stesso le ceneri. Se qualcuno cerca la tomba, o il luogo di riposo di quella polvere inerte che gli alchimisti chiamavano caput mortuum, non ha che da guardarsi intorno davanti all’ingresso del monastero che ha nome Sacra di San Michele e si trova nei pressi di Susa, in Piemonte.

Scalone dei morti, così si chiama quella ripida erta, non soltanto perché è buia e perché ai suoi piedi c’è un cimitero, ma perché quanti salgono verso l’arco zodiacale che la corona sono considerati i morti che dormono. Soltanto dopo che saranno passati sotto l’arco istoriato con le costellazioni e saranno arrivati alla terrazza pervasa di luce, avranno messo piede nel mondo dei vivi. Naturalmente è una transizione del tutto simbolica, ma emblematica di un evento che, dopo seimila anni, è ancora avvolto nel mistero. È il simbolo dell’iniziazione.

Sarebbe difficile immaginare una sepoltura più idonea per Mark Hedsel. Benché non sia stato lui a porre materialmente quell’arco così carico di simboli in cima alla scalinata, è stato lui, in una sua vita precedente, a sceglierne gli arcani disegni zodiacali. In una sua reincarnazione nel XII secolo Mark diresse le opere scultoree dell’arco. Disseminare le sue ceneri su quella gradinata è stato qualcosa di più che disperdere simbolicamente i resti di una singola vita: è stato il riconoscimento che un intero ciclo di ricerca impegnata si era chiuso. Sono convinto che Mark Hedsel appartenesse molto di più al XII secolo che non all’era moderna, e mi è sembrato giusto, con questa semplice cerimonia di spargimento delle ceneri, commemorare la dedizione di almeno due vite spese, ciascuna a suo modo, nello studio e nella diffusione della sapienza arcana.

Mark Hedsel, L'iniziato

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