1 dicembre 2014

Le regole del travestimento




«Aveva ragione Michael» osservai quando mi incontrai con Mark per parlare del suo libro. Era l’ultimo lunedì di agosto del 1991.

«In che cosa aveva ragione?»

«Sono diventato uno scrittore.»

«Vuoi dire uno scriba» mi corresse con garbo. Era proprio vero: ero diventato uno scriba, uno che lavorava con i geroglifici più che con le parole. Forse era per questo che da ragazzo avevo deciso di darmi alla pittura, prima di iscrivermi alla facoltà di Lettere. Una figura è più vicina all’idea di quanto non lo sia una parola, che si limita semplicemente a evocare le immagini: la parola scritta è per definizione una fonte secondaria. Un volto può far salpare mille navi; ma la descrizione di un volto ben difficilmente ne spingerà una sola a prendere il largo.

«Ecco, adesso io sarò la figura» disse Mark «e tu mi aiuterai a tradurmi in parole.»

«Non capisco. Quale figura?» Erano passati tanti anni, ma le sue frasi così ben articolate erano ancora enigmatiche per me. «Quale figura?» ripetei.

«Io sarò la figura del Matto nel mazzo dei tarocchi.»

Probabilmente lo fissai stranito, perché tutto si poteva dire di Mark, tranne che fosse matto e, a quanto ne sapevo, non lo era mai stato. Lo osservai con attenzione. Era cambiato, tutti e due eravamo cambiati in quei quarant’anni. Non portava più né la sciarpa al collo né il basco. Adesso indossava un elegante completo e una costosa cravatta di seta, tuttavia non sembrava granché invecchiato. Se era matto, sapeva nasconderlo bene. Mentre lo studiavo, mi passò davanti agli occhi, come un fantasma che tornava a ossessionarmi, l’antica immagine di quell’iniziato francese senza età che era il conte di Saint-Germain.

«La figura del Matto?» ripetei. «Che cosa intendi dire?»

Rise. «Lo scoprirai lavorando con me al libro. Tu sarai il mio pittore.» Sorseggiò il caffè. «Conosci la figura del Matto delle carte marsigliesi?»

Annuii. L’antico disegno raffigurava un Matto, che con il bastone in mano cammina lungo una strada.

Si batté la fronte con una mano. «È tutto qui, rinchiuso qui dentro. Ti darò la chiave.»

«Una specie di autobiografia?» Era quello che speravo: lavorando a un progetto del genere avrei imparato molte cose. Che occasione straordinaria mi offriva Mark.

«In un certo senso. Vedremo che cosa ne uscirà. Alcuni di quelli con cui ho lavorato sono ancora vivi. Dovrò cambiare i nomi delle persone e dei luoghi.»

«Diventeremo maestri del travestimento.»

«Perfetto. Le grandi verità si presentano sempre sotto mentite spoglie. Dopo tutto il mondo materiale è a dir tanto una maschera di quello spirituale. Credo sia questa la ragione per cui Michael Juste teneva in negozio il proprio busto.»

«Come travestimento?»

«Come estrinsecazione della sua maschera. È meglio che la maschera stia fuori. Se si insinua all’interno, può diventare pericolosa.»

Sapevo a cosa alludeva. Non si dovrebbe mai credere all’esteriorità bugiarda. La maschera era in un certo senso una menzogna.

«C’è un punto in cui l’immaginazione non solo dissimula la realtà, ma la fa apparire più vera.»

Scosse la testa, ridendo. «Nel mondo da cui provengo, questa la chiamano arte. Sei mai stato a Najera, La Rioja?» domandò.

«Al monastero di Santa-Maria-la-Real?»

«Sì. Su uno degli scanni è intagliata la figura di un Matto. Risale al XV secolo.»

Me ne ricordavo. «Suona il flauto, vero?»

«Sì. Come il Matto dei tarocchi ha ai suoi piedi un cane. Anzi, due, ma solo uno abbaia. La cosa interessante, però, è il suo abbigliamento.»

«Porta il cappello da buffone, se non sbaglio.»

«Sì. Ma è la veste che è curiosa: è aperta davanti e dietro; così le sue parti intime sono sempre esposte. Si tratta del Matto nudo. È un’immagine che viene da lontano. La nudità è il segno che il vero Matto è disposto a mostrare quello che gli altri preferiscono tenere nascosto. Il matto che indica la via verso la visione superiore, che si raggiunge con l’iniziazione, è spesso considerato pazzo da quelli che dormono. Sono assopiti tutti coloro che non intendono seguire un percorso spirituale, che, accontentandosi del regno delle apparenze, vogliono soltanto essere lasciati in pace, da soli, appunto a dormire. Queste immagini medievali del Matto sono molto istruttive. La Festa dei pazzi era una ricorrenza estremamente importante, perché in essa confluivano correnti esoteriche sotterranee. Naturalmente ne saprai di più se scriveremo insieme il libro.»

«Un libro su Mark Hedsel nudo?»

Rise. «Nudo solo in parte, ossia un matto trasformato dall’immaginazione.» E sottolineò il richiamo all’immagine contenuto nell’ultima parola.

Seguì un breve silenzio.

«Immagini» mormorò pensoso. «Sai che alcuni degli artisti egizi che incidevano i geroglifici sulle mura dei templi non sapevano leggerli?»

«Veramente?»

«I sacerdoti chiamavano lo scalpello mer, il cui suono era identico a quello della parola che indicava la “morte”. Non è un mistero? Esprime la consapevolezza che affinché qualcosa possa manifestarsi come immagine – come raffigurazione di un’idea – qualcos’altro deve morire.»

Alzò le spalle con aria indifferente, ma io avevo capito che si stava avvicinando al cuore del metodo arcano – al concetto di scissione – che è il processo fondamentale dell’iniziazione e ha un ruolo essenziale nella Via del Matto.

«Forse» continuò «gli scalpellini egizi che usavano il loro mer ne ignoravano completamente il significato profondo. Il loro compito era rispettare i canoni dell’arte: conoscevano le regole del travestimento, ma non sapevano che cosa travestivano. Non avevano la minima idea di quali archetipi – dai loro sacerdoti chiamati neter – essi evocassero. Con ogni glifo che incidevano nella pietra, calavano dentro la forma materiale gli agenti spirituali: operavano magie senza saperlo.» Mi guardò fisso. «Ammetterai che questa è un’attività che soltanto i matti possono svolgere.»

«Non solo loro» replicai. «Non è forse vero che tutti noi evochiamo archetipi – idee primigenie – che non comprendiamo appieno?»

«Certo. È esattamente a questo che mi riferivo. La vita di ognuno di noi rivela quali archetipi abbiamo seguito. Ecco perché il Matto è disposto ad attraversare la vita nudo di fronte al mondo: perché sa che ciò che sta in basso altro non è se non il riflesso di ciò che sta in alto.»

Mark Hedsel, L'iniziato

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